Oggi, a Napoli, si tiene un convegno dal titolo: "Eritrea - Esperienze italiane di cooperazione”; cha fa arrossire le persone non ignoranti, che abbiano anche una coscienza.
Chi si occupa di di cooperazione, conosce la gravità della situazione in Eritrea: un Paese devastato da una dittatura feroce che nega ogni diritto alla libertà di stampa, di pensiero e di culto; nega il diritto alla Costituzione, al Parlamento, al lavoro, alla sussistenza, all'istruzione; pratica regolarmente la tortura fisica e sequestri di persona. Moltissimi cittadini vengono arrestati senza capi d'accusa né processi, in gran parte dei casi 'incommunicado', cioè senza alcuna possibilità di contatto con le famiglie o con la Croce Rossa Internazionale. Numerosissimi sono costretti alla fuga e gran parte di essi cerca asilo proprio in Italia.
Ora: di cosa si occupa questo convegno? A dispetto del titolo sorvola su tutta questa realtà, che comprende l'espulsione dal paese di quasi tutte le ONG di Cooperazione allo Sviluppo, nell'obiettivo di isolare definitivamente la popolazione da contatti con l'esterno. La "cooperazione", dunque, è intesa solo con il regime, al fine di scambi economici? La brochure del convegno cita le collaborazioni fra il Ministeri degli Esteri italiano ed eritreo, e fra le rispettive università: quella fra Università di Napoli e l'università che, in Eritrea, è stata teatro della repressione del regime e poi CHIUSA; e chiusa è tuttora.
Dice la lettera aperta:
"Si stabilisce, cioè, una situazione di colpevole complicità tra istituzioni non secondarie della Repubblica Italiana e le corrispondenti istituzioni (ammesso che possa essere considerata tale una università chiusa ormai da almeno 8 anni) di un paese dittatoriale e violento. Con le approvazioni esplicite di Regione Campania, Consorzio Riviera Domizia, Banca di Credito Agricolo del Garigliano, Lions Sessa Aurunca Litorale Domizio, e dei relatori.
Sono altresì note le frequenti relazioni che intercorrono tra il territorio italiano e il governo sanguinario dell'Eritrea, e i frequenti viaggi in Italia del dittatore Issayas Afwerki e dei suoi collaboratori in cerca di credito politico e di investimenti nel paese, dove la manodopera è assicurata a prezzi insignificanti dal lavoro forzato cui sono costretti i cittadini in stato di ferma militare a tempo indeterminato, impossibilitati a svolgere alcuna attività produttiva. Appaiono poi discutibili sul piano accademico i contributi orientati alla mitizzazione nostalgica del passato coloniale e post-coloniale italiano in Eritrea, e false le dichiarazioni secondo cui tra i principali obiettivi della dittatura ci sia quello di garantire l'autosufficienza alimentare, mentre tutte le forze potenzialmente produttive del paese sono costrette alla leva militare e il paese è ridotto alla fame.
Chiediamo che nell'Aula intitolata ad Altiero Spinelli si confermi il sostegno dell'Università degli Studi Federico II ai Diritti Umani, e si alzi ferma la condanna di istituzioni della Repubblica Italiana, degli studiosi e dei relatori nei confronti della dittatura eritrea".
Dr.ssa Dania Avallone - ASPER, Napoli
Prof. Giovanni Marco Cavallarin - MOSSOB, Milano
Agenzia Habeshia, Roma
SE VOLETE ADERIRE: Le adesioni possono essere inviate all'indirizzo: asper.eritrea@gmail.com
La sanguinaria dittatura in Eritrea è dimenticata dai media, eppure le sue conseguenze ci toccano da vicino.
Il nostro Paese è un Giano bifronte: da una parte i partiti di Governo promuovono una politica ferocemente anti-immigrazione, sostenuta fomentando le paure razzistiche contro i mussulmani, dall'altra sostiene, entrando in strette partnership economiche, i regimi integralisti più sanguinari, dall'Iran, alla Libia (in cui sono numerosi i reclusi eritrei) all'Eritrea: che come è noto appoggia pesantemente le milizie islamiche legate ad Al Qaeda, con uomini e armi.
Proprio quei regimi che, se da un lato esportano terrorismo e fondamentalismo, dall'altro costringono alla fuga folle di cittadini perseguitati, i quali si trasformano in immigrati che qualcuno deve pur accogliere.
