Siamo condannati ad amarci. Oppure a farci solo danno tutto il tempo, l'un l'altro, come imbecilli.

venerdì 29 ottobre 2010

Lettera aperta all'Università Federico II di Napoli

Per restare in tema di lettere aperte.. Vi segnalo una raccolta di firme per aderire a una lettera molto importante.
Oggi, a Napoli, si tiene un convegno dal titolo: "Eritrea - Esperienze italiane di cooperazione”; cha fa arrossire le persone non ignoranti, che abbiano anche una coscienza.
Chi si occupa di di cooperazione, conosce la gravità della situazione in Eritrea: un Paese devastato da una dittatura feroce che nega ogni diritto alla libertà di stampa, di pensiero e di culto; nega il diritto alla Costituzione, al Parlamento, al lavoro, alla sussistenza, all'istruzione; pratica regolarmente la tortura fisica e sequestri di persona. Moltissimi cittadini vengono arrestati senza capi d'accusa né processi, in gran parte dei casi 'incommunicado', cioè senza alcuna possibilità di contatto con le famiglie o con la Croce Rossa Internazionale. Numerosissimi sono costretti alla fuga e gran parte di essi cerca asilo proprio in Italia.
Ora: di cosa si occupa questo convegno? A dispetto del titolo sorvola su tutta questa realtà, che comprende l'espulsione dal paese di quasi tutte le ONG di Cooperazione allo Sviluppo, nell'obiettivo di isolare definitivamente la popolazione da contatti con l'esterno. La "cooperazione", dunque, è intesa solo con il regime, al fine di scambi economici? La brochure del convegno cita le collaborazioni fra il Ministeri degli Esteri italiano ed eritreo, e fra le rispettive università: quella fra Università di Napoli e l'università che, in Eritrea, è stata teatro della repressione del regime e poi CHIUSA; e chiusa è tuttora.
Dice la lettera aperta:
"Si stabilisce, cioè, una situazione di colpevole complicità tra istituzioni non secondarie della Repubblica Italiana e le corrispondenti istituzioni (ammesso che possa essere considerata tale una università chiusa ormai da almeno 8 anni) di un paese dittatoriale e violento. Con le approvazioni esplicite di Regione Campania, Consorzio Riviera Domizia, Banca di Credito Agricolo del Garigliano, Lions Sessa Aurunca Litorale Domizio, e dei relatori.
Sono altresì note le frequenti relazioni che intercorrono tra il territorio italiano e il governo sanguinario dell'Eritrea, e i frequenti viaggi in Italia del dittatore Issayas Afwerki e dei suoi collaboratori in cerca di credito politico e di investimenti nel paese, dove la manodopera è assicurata a prezzi insignificanti dal lavoro forzato cui sono costretti i cittadini in stato di ferma militare a tempo indeterminato, impossibilitati a svolgere alcuna attività produttiva. Appaiono poi discutibili sul piano accademico i contributi orientati alla mitizzazione nostalgica del passato coloniale e post-coloniale italiano in Eritrea, e false le dichiarazioni secondo cui tra i principali obiettivi della dittatura ci sia quello di garantire l'autosufficienza alimentare, mentre tutte le forze potenzialmente produttive del paese sono costrette alla leva militare e il paese è ridotto alla fame.
Chiediamo che nell'Aula intitolata ad Altiero Spinelli si confermi il sostegno dell'Università degli Studi Federico II ai Diritti Umani, e si alzi ferma la condanna di istituzioni della Repubblica Italiana, degli studiosi e dei relatori nei confronti della dittatura eritrea
".
Dr.ssa Dania Avallone - ASPER, Napoli
Prof. Giovanni Marco Cavallarin - MOSSOB, Milano
Agenzia Habeshia, Roma
SE VOLETE ADERIRE: Le adesioni possono essere inviate all'indirizzo: asper.eritrea@gmail.com

La sanguinaria dittatura in Eritrea è dimenticata dai media, eppure le sue conseguenze ci toccano da vicino.
Il nostro Paese è un Giano bifronte: da una parte i partiti di Governo promuovono una politica ferocemente anti-immigrazione, sostenuta fomentando le paure razzistiche contro i mussulmani, dall'altra sostiene, entrando in strette partnership economiche, i regimi integralisti più sanguinari, dall'Iran, alla Libia (in cui sono numerosi i reclusi eritrei) all'Eritrea: che come è noto appoggia pesantemente le milizie islamiche legate ad Al Qaeda, con uomini e armi.
Proprio quei regimi che, se da un lato esportano terrorismo e fondamentalismo, dall'altro costringono alla fuga folle di cittadini perseguitati, i quali si trasformano in immigrati che qualcuno deve pur accogliere.

martedì 26 ottobre 2010

Vitalizio dei parlamentari e votazioni in Parlamento

21 settembre 2010. Presso il Parlamento Italiano pare abbia avuto luogo il seguente episodio:
Proposta:
il Deputato Antonio Borghesi (IdV) propone l'abolizione del vitalizio spettante ai parlamentari dopo solo 5 anni di legislatura, definendolo "iniquo rispetto a quello previsto dai lavoratori che devono versare 40 anni di contributi per avere diritto ad una pensione". (Ma dai, davvero?)..
Votazione della proposta:
Presenti 525
Votanti 520
Astenuti 5
Maggioranza 261
Hanno votato sì 22
Hanno votato no 498
Sorvoliamo dunque sull'esito della votazione. Però vorrei conoscere i nomi di tutti i votanti e relativo voto.

Di seguito un breve estratto dal discorso con cui è stata presentata la proposta:
"Penso che nessun cittadino e nessun lavoratore al di fuori di qui possa accettare l’idea che gli si chieda, per poter percepire un vitalizio o una pensione, di versare contributi per 40 anni, quando qui dentro sono sufficienti 5 anni per percepire un vitalizio. (..) Non sarà mai accettabile per nessuno che vi siano persone che hanno fatto il parlamentare per un giorno - ce ne sono 3 - e percepiscono più di 3.000 € al mese di vitalizio. Non si potrà mai accettare che ci siano altre persone rimaste qui per 68 giorni, dimessisi per incompatibilità, che percepiscono un vitalizio di più di 3.000 € al mese. (..) la nostra proposta è che si provveda alla soppressione degli assegni vitalizi, sia per i deputati in carica che per quelli cessati, chiedendo invece di versare i contributi che a noi sono stati trattenuti all’ente di previdenza, se il deputato svolgeva precedentemente un lavoro, oppure al fondo che l’INPS ha creato con gestione a tassazione separata. Ciò permetterebbe ad ognuno di cumulare quei versamenti con gli altri nell’arco della sua vita e, secondo i criteri normali di ogni cittadino e di ogni lavoratore, percepirebbe poi una pensione conseguente ai versamenti realizzati. ..la Corte costituzionale (..) ha permesso di dire che non si tratta di una pensione, che non esistono dunque diritti quesiti e che, con una semplice delibera dell’Ufficio di Presidenza, si potrebbe procedere nel senso da noi prospettato, che consentirebbe di fare risparmiare al bilancio della Camera e anche a tutti i cittadini e ai contribuenti italiani circa 150 milioni di euro l’anno".

Si potrebbe... procedere; se la votazione fosse stata un'altra. Sembra una notizia interessante. Eppure.. qualcuno ne ha visto notizia su radio, giornali, tv, che ne so...?

domenica 24 ottobre 2010

Da donne a Sindaco. Sul confronto con il mondo mussulmano: lettera aperta ai candidati Sindaci di Milano

Ricevo, e volentieri propongo non solo a nome mio:
Siamo un gruppo di donne che, come si sa che fanno le donne, commentano fra di loro e, come quasi tutte le donne che si pongono dei problemi oggi, sentiamo il disagio di non essere rappresentate da nessuno: nessuno (donne in politica comprese), pare che raccolga le nostre istanze e porti da nessuna parte il minimo pensiero che rispecchia i nostri.

Cogliamo dunque l'occasione dell'attenzione che in questi giorni va ai candidati sindaci per le primarie del Centro Sinistra (che come da copione sono tutti maschi), per rivolgere loro una domanda (e implicitamente relative richieste) su un argomento un po' spinoso... cioè i rapporti con il mondo mussulmano e relative problematiche.

Secondo quello che constatiamo parlando fra di noi, a noi pare che Milano abbia bisogno di un grande confronto con le sue componenti multietniche (e, per inciso, senza previlegiare una in particolare rispetto ad un’altra). Ma in questo caso non parliamo di etnìe, ma di religione: i candidati sindaci, infatti, si trovano a dover rispondere a richieste che provengono da una comunità fatta da provenienti da molti Paesi, il cui comun denominatore è solo la religione mussulmana.
Data la composizione della Milano immigrata, certamente c'è chi sente il bisogno di un grande luogo di incontro e cultura mussulmana, che sia anche luogo di preghiera.
Moltissimi che hanno paure più o meno indotte, e dunque anche razzistiche, si oppongono totalmente temendo che dietro tali luoghi si coltivi il fondamentalismo, con cui ormai (purtroppo) da molti l'Islam in toto viene confuso. E su questo va detto, senza voler entrare nelle molte polemiche che questo argomento può sollevare, che fra religione islamica e islamismo ci sono importanti differenze. Dietro questo apparente cavillo esiste veramente un problema importante, di cui trattano anche autorevoli studiosi di cultura e religione mussulmana; molti dei quali sono, appunto, mussulmani: pacifici e democratici.
Ma queste confusioni nascono anche dal fatto che di certi argomenti non si parla in modo abbastanza sereno, sono diventati sorte di tabù: da destra la tendenza è di demonizzare (salvo poi fare lucrosi affari con regimi religiosi autoritari), da sinistra di tollerare troppo acriticamente anche l'intolleranza altrui, per tema di non essere abbastanza tolleranti.
Ora, il fatto che (da destra e da sinistra, e per ragioni diverse), si glissi su importanti distinguo che si dovrebbero fare quando si parla del mondo mussulmano, o ci si confronta con esso, preoccupa non solo noi, ma soprattutto molte donne mussulmane dei più svariati Paesi (o di provenienza o cultura araba), le quali sono le prime vittime di un disegno che stravolge il dettato religioso a fini autoritari e guerrafondai. Solo per fare un esempio, citiamo le donne resistenti iraniane; ma in realtà parliamo anche di tantissime donne comuni che incontriamo ogni giorno: al mercato, davanti a scuola, per la strada.
La stessa confusione danneggia i numerosi mussulmani democratici e pacifici, che finiscono per restare senza voce, non rappresentati e non ascoltati. In particolare quelli che hanno subito (o subiscono), nei Paesi d'origine, dure repressioni da regimi gravemente autoritari; ma, nella loro resistenza, non sono sostenuti quasi da nessuno. Da destra li si usa come scusa per fomentare altre guerre, da sinistra li si ignora...
Così essi non trovano ambiti in cui esprimersi. Perciò svaniscono in un’assenza in cui paiono assentire: e nella quale, invece, si sentono solo impotenti. Qualcosa da cui si fa fatica ad uscire.. come da una ragnatela: una condizione che noi donne, che sembriamo oggi complici in massa del velinismo, conosciamo molto bene.
E, a questo proposito, non è vano ricordare che nel mondo mussulmano esistono anche le donne: cioè una categoria che riunisce in sè la condizione di essere mussulmana, e anche donna; e non tutte, specie trovandosi a vivere in una società occidentale, si identificano con rigide leggi religiose. Quello che abbiamo osservato è che, quando in Italia hanno iniziato a essere numerose, molte di queste donne che desideravano costruire un tessuto di emancipazione si sono riunite in associazioni in grado di rappresentarle; fra queste ne citiamo una per tutte, l'Acmid. E' naturale che queste forze cercassero, inizialmente, confronti con i settori più democratici del paese: dunque con l'area di sinistra.
Ma: tanta è stata l'indifferenza che hanno incontrato, che alla fine molte sono, letteralmente, cadute nelle mani di una destra che le ha strumentalizzate e in numerose occasioni usate come una clava. La stessa clava che, facendo roteare la paura dell'integralismo, vince fatalmente, sempre, le elezioni: e le vince NON con la legalità contro l'integralismo, ma con il razzismo contro l'integrazione.
A noi piacerebbe, invece, che qualcuno vincesse le elezioni nel nome di veri valori egualitari, che non mettano in secondo piano, rispetto alla tolleranza per tutti gli immigrati, la legalità e l'opposizione ferma ed esplicita a qualunque integralismo (e dunque sostenendo in modo inequivocabile diritti umani pieni e completi anche per le donne, di qualunque religione siano).

Su questo assunto la nostra richiesta ai candidati Sindaci è di assumere una posizione chiara, che citi esplicitamente anche la condizione femminile. E cioè che, nel cercare di gettare ponti con le comunità immigrate lo si faccia davvero nell'interesse di tutti: donne comprese. In questo caso, dunque, qualora si spendano promesse per la creazione di centri islamici, pur stabilendo la massima accoglienza, vorremmo che tali promesse fossero espresse anche ponendo, in modo esplicito, pregiudiziali ineludibili:
a. sulla necessità di rispettare integralmente le nostre leggi e,
b. sul rifiuto a tollerare, per nessuna ragione, che i diritti delle donne mussulmane che desiderano emanciparsi dalla tradizione siano calpestati in nome di una "diversa cultura".


La "lettera" finirà nella pletora di lettere aperte che sommergono i candidati sindaci e nessuno di loro la vedrà. Grazie a voi, però, per i vostri pareri. Per finire, così, per chi è interessato, segnalo un post dello UAAR dedicato alla campagna contro la sharia in Ingilterra, "una legge per tutti".

martedì 19 ottobre 2010

Il Mostro Giuridico (o ano/malìa)

Casini: "Anomalia, ma l'anomalia italiana giustifica una soluzione sui generis". Quale "anomalia italiana"? quella per cui si accetta universalmente che la corruzione ispiri la vita pubblica? (e privata).
Cavoli, Pilato era un dilettante.
"..quindi non metteremo veti perché nostra intenzione è dare un segnale di stabilità e tentare di rimuovere il macigno dei processi del premier una volta per tutte".

Approvato dalla Commissione Affari Costituzionali l'emendamento al lodo Alfano, per cui ''i processi nei confronti del Presidente della Repubblica o del Presidente del Consiglio, anche relativi a fatti antecedenti l'assunzione della carica, possono essere sospesi con deliberazione parlamentare".

E l'ala finiana che doveva difendere la correttezza in campo giuridico? No comment... tranne che, forse, questo partoritore di mostruosità antidemocratiche si dovrebbe chiamare Commissione Affari Incostituzionali e ratifica anomalie italiane.

giovedì 7 ottobre 2010

E voi piangete, Veneri ed Amori, e voi che più avete gentilezza


La tragedia che ha colpito Kolontar, nella zona occidentale dell'Ungheria, è un disastro ecologico senza precedenti.
Una marea di fango tossico è fuoriuscito da un impianto di lavorazione dell'alluminio inondando oltre 40 chilometri quadrati, e seminando devastazione nelle tre province di Veszprem, Gyor-Sopron e Vas. Una morte atroce, piena di sofferenze, dappertutto: un'ecatombe di animali e di piante, l'avvelenamento delle acque, mentre l'equilibrio ecologico a tutti i livelli salta con conseguenze gravissime anche per il futuro. La bonifica dell'area richiederà molti mesi, cioè anni, e (per ora) il ridicolo discorso delle cifre parla di "danni per 38 milioni di euro".
Ma i danni, anche questa volta, sono incalcolabili. Fra le persone (a parte le irreparabili conseguenze per le perdite economiche e la distruzione dell'habitat naturale), una decina fra morti e dispersi, oltre a 123 feriti per ora accertati.
Ma.. nel rincorrersi di notizie tragiche su questa terribile vicenda, c'è da segnalare che, per fortuna, qualcuno non perde la testa: il TG1 di Minzolini, per esempio, sottolinea che, si, il fango tossico è arrivato al Danubio ma, tranquilli, non è disastro, ci avvisa.
E non facciamo i soliti allarmismi. E certo, non è mica (ancora) arrivato in casa del Direttore Minzolini, e nemmeno ad Arcore.

Chi ha cuore, e sa che ogni luogo è la sua casa, pianga senza tema di sembrare scemo, invece. Senza chiudere il cuore alla compassione: guai a rimuovere quanto accade solo perché non è sotto il nostro naso. E anche senza dimenticare che tutti siamo coinvolti, che bisogna opporsi, reagire, esigere giustizia.
Il dolore e l'indignazione per certi fatti è come un gorgo che trascina giù, che rischia di far perdere fiducia nell'uomo e nell'esistenza. Eppure. Credo fermamente che sia necessario tenere stretta la fiducia, la capacità di confidare nel Bene che, seppur attaccato da tutti i lati, esiste, resiste e ha bisogno di noi.

domenica 3 ottobre 2010

Barzellette che non fanno ridere

Perfino fra quelli che, diciamo per "educazione"... non possono non ridere, risate poche e a denti stretti.

Ma che strano..!! eppure è così divertente!.. Ma forse è solo perché questa barzelletta, che il sig. B. ama tanto da raccontare più e più volte, era già vecchia?..
Guardateli bene, quelli che qui sotto ascoltano (in un'ALTRA occasione) la STESSA barzelletta: perché ridono di gusto.

Ma forse siamo noi, che non abbiamo sense of humour? o.O
... sarà forse colpa della solita polverosa e rancorosa "sinistra". Mah. Bah! Boh.
E intanto, visto che non ci pensa nessuno, in attesa che venga in mente a qualcuno, questo moscerino si inginocchia davanti alla comunità ebraica e in ginocchio chiede perdono per chi non sa farlo, non lo farà mai, e nemmeno sa quello che fa - né quel che dice.