Gli scribi e i farisei condussero a Gesù una donna e, pòstala nel mezzo, gli dissero: «Maestro, questa donna è stata còlta in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella legge, comanda di lapidare tali donne; tu cosa ne dici?» Dicevano questo per metterlo alla prova e poterlo accusare. Gesù, chinatosi, si mise a scrivere con il dito in terra.
Ma, siccome continuavano a interrogarlo, egli, alzato il capo, disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra contro di lei». Poi, chinatosi di nuovo, scriveva in terra. Essi, udito ciò, accusati dalla propria coscienza, lasciarono cadere le pietre e se ne andarono ad uno ad uno. Gesù, alzatosi e non vedendo altri che la donna, le disse: «Donna, dove sono quei tuoi accusatori? Nessuno ti ha condannata?» Ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; vai e non peccare più». Giovanni 8, 3-11

Niente è cambiato, se non in peggio?
Prendiamo a prestito le parole di Bernard-Henri Lévy (
Corriere della Sera, 18/8/2010):
"Ha già subito la pena delle 99 frustrate, sotto gli occhi di uno dei suoi due figli. Ora Sakineh Ashtiani attende nella prigione di Tabriz, in Iran, dove è rinchiusa da 5 anni! la sentenza sul suo caso, fissata per il 21 agosto: è accusata di «complicità» nell'omicidio del marito. Rischia la morte per LAPIDAZIONE.

Questo è un nuovo appello per Sakineh Mohammadi Ashtiani (..). Questo è un appello in extremis.
È stato firmato, oltre che dall'autore di queste righe, da altre 17 personalità, scrittori, attivisti dei diritti umani e politici, sia uomini che donne, indignati, tutti, dal persistere di questo abominio nel ventunesimo secolo: Wole Soyinka, Patrick Modiano, Milan Kundera, Jorge Semprún, Ségolène Royal, Rachida Dati, Simone Veil, Marjane Satrapi, Juliette Binoche, Mia Farrow, Bob Geldof, Taslima Nasrin, Ayaan Hirsi Ali, Jody Williams, Sussan Deyhim, Yann Richard, Elisabeth Badinter. Ci auguriamo che la loro voce trovi ascolto a Teheran.
(..) Il suo avvocato, Hutan Kian, non ha perso tempo per ricordare che Sakineh era già stata assolta da tale accusa nel 2006. (..). Kian ha aggiunto che la «giustizia» si accanisce sul suo caso solo «perché è una donna», che vive «in un Paese dove alle donne vengono negati i diritti più elementari».
(..) È nostro dovere rispondere con urgenza alle suppliche dei figli di Sakineh, che ci implorano di non chiudere gli occhi davanti a queste macabre macchinazioni del regime iraniano, per non permettere che il loro «incubo si trasformi in realtà». A nome di Sakineh, è urgente rivolgersi alle autorità affinché venga revocata la sua condanna a morte, in qualunque forma essa sia, e la donna venga rilasciata senza indugio, riconoscendo la sua innocenza.
In Iran, ogni anno, decine di donne sono condannate alla fustigazione, lapidazione e altre forme di punizioni raccapriccianti. È nostro dovere intervenire presso le Nazioni Unite per ricordare al regime dei mullah le promesse fatte nel 2002 e nel 2008, riguardanti appunto l'abolizione di queste punizioni. Se in questo momento è a rischio la vita di una sola donna, non dimentichiamo che sono a rischio la libertà e la dignità di migliaia di altre. Ricordiamo infine che è a rischio anche l'onore di un grande Paese, ricco di una splendida cultura millenaria, che non può e non deve riconoscersi, davanti agli occhi del mondo, nella maschera sanguinolenta di un volto di donna sfigurato dai colpi di pietra. Pietà per Sakineh. Pietà per l'Iran". (
Bernard-Henry Levy)


Rilanciamo, qui,
questo invito del loving Army,
chiedendo a tutti di condividere, sul proprio blog e su fb, la chiamata alla mobilitazione: pubblicando l'immagine dell'iniziativa del 28 agosto e
questo link all'appello.